Articolo a cura di Carlotta Caminiti, tratto dal sito Uomo-Cavallo:

Tutti gli sportivi, compresi i cavalli, affrontano un inevitabile stress fisico durante l’allenamento intenso, che varia in base al tipo di attività, alla durata e all’intensità del lavoro, oltre alle condizioni dell’ambiente come caldo e umidità.

Per esempio, un cavallo da corsa o da endurance subirà uno stress significativamente maggiore rispetto a un cavallo da concorso o da dressage. Tuttavia, anche questi ultimi, se non adeguatamente preparati o se costretti a lavorare sotto al sole con 30 gradi, sentiranno molto la fatica.

Spesso vado in pista per assistere alle sedute di lavoro del mio cavallo da trotto e soprattutto in estate, mi preoccupo di come aiutarlo a recuperare dalla stanchezza muscolare, che inevitabilmente si accumula dopo un lavoro in gran parte anaerobico, a causa dell’accumulo di acido lattico nei muscoli. Quando l’esercizio fisico è intenso e prolungato, infatti, le cellule non hanno abbastanza ossigeno per produrre tutta l’energia che serve e quindi usano la glicolisi come fonte primaria di energia, che come prodotto finale ha proprio l’acido lattico, che si accumula a livello muscolare e deve essere smaltito nelle ore successive allo sforzo.

I cavalli che vanno in acidosi (quelli del mal del lunedì per intenderci) hanno grandi quantità di acido lattico nei muscoli che non viene adeguatamente metabolizzato, perché costretti a stare fermi nel box il giorno successivo allo sforzo. Bravi allenatori e cavalieri sanno bene che i cavalli, oltre ad essere adeguatamente preparati fisicamente per affrontare determinati lavori, non possono stare fermi nel giorno successivo ad una gara, altrimenti rischiano di “bloccarsi”.

I cavalli non possono stare fermi nel giorno successivo ad una gara, altrimenti rischiano di “bloccarsi”.

Tutti i cavalli però, anche quelli gestiti al meglio, possono sviluppare dolore muscolare cronico e contratture in grado di alterarne i risultati sportivi, oltre a predisporli agli infortuni.
La differenza tra un atleta di successo e uno potenzialmente “uguale” ma meno performante, la fa anche l’abilità dell’organismo a gestire stress fisici derivanti da un lavoro intenso, che in un cavallo maggiormente competitivo vengono risolti più velocemente con meno ripercussioni sulla salute generale.

Queste abilità si devono sicuramente all’allenamento ma anche alla genetica che ci fornisce un corredo enzimatico più o meno competente nel gestire, appunto, i processi metabolici, sia quelli che vengono impiegati durante lo sforzo che quelli delle fasi successive in cui, in un cavallo sano e ben allenato, si dovrebbe avere un recupero abbastanza veloce. 
Mentre l’acido lattico nel corso delle ore si riassorbe, il dolore muscolare e la rigidità possono anche persistere per diversi giorni dando al cavallo quella sensazione di stanchezza che può ripercuotersi sull’umore, dando apatia e poca propensione al lavoro.

Queste problematiche devono essere gestite con attenzione non appena si presentano, per limitare al massimo i danni che possono derivarne.

Ed è qui che entrano in gioco ausili terapeutici moderni già in uso agli atleti umani.
Mi sono così avvicinata a tecniche e macchinari che mi aiutino non solo nella quotidiana attività di riabilitazione dagli infortuni, che svolgo ormai da tanti anni, ma che possano essere anche un valido ausilio per trattare anche cavalli “sani” e in attività direttamente in scuderia, come la magnetoterapia.
La magnetoterapia è una terapia fisioterapica abbondantemente utilizzata in medicina umana con risultati in genere ottimi, soprattutto sulle fratture ossee.

Utilizzo in realtà da diversi anni per svariate patologie le Pemf, dei piccoli generatori di campi magnetici pulsati dotati di un’antenna da applicare attorno la problema, che durano 300 ore e poi si scaricano. Sono molto versatili perché piccole e leggere; hanno colori diversi a seconda della frequenza del campo generato, che va scelto in funzione del problema che bisogna trattare (infiammazione, fratture, calcificazioni, dolore, etc).

La magnetoterapia non mi è quindi cosa del tutto nuova.

I campi di applicazione della magnetoterapia sui cavalli sono molteplici e mi hanno spinto a esplorare macchinari più potenti che possono essere utilizzati oltre che a scopo terapeutico, anche per la preparazione prima dello sforzo, ma che risultano particolarmente efficaci anche nel favorire il defaticamento dopo un’attività fisica intensa.
Gli apparecchi per la magnetoterapia producono un’energia che crea un campo magnetico pulsato, con diversi effetti a seconda delle frequenze erogate:

  • Azione antalgica: genera una corrente elettrica nelle fibre nervose in grado di bloccare il passaggio attraverso il midollo spinale della percezione del dolore. La magnetoterapia favorisce anche la liberazione di endorfine, favorendo una sensazione di benessere generale.
  • Azione metabolica: favorisce il riassorbimento dell’acido lattico grazie all’aumento dell’attività della lattato deidrogenasi, un enzima che condiziona la scomposizione dell’acido lattico, contribuendo al ripristino delle normali funzioni organiche.
  • Ripolarizzazione della membrana cellulare: a livello dei tessuti lesi o infiammati si ristabilisce la normale differenza di potenziale delle cellule riducendo l’infiammazione. 
  • Vasodilatazione periferica: la polarizzazione dei globuli rossi influisce sul tono muscolare dei vasi sanguigni sottili, delle arterie e dei capillari, promuovendo la microcircolazione a livello muscolare, così che ci sia un migliore apporto di sangue ossigenato e di sostanze nutritive ai tessuti e una più rapida eliminazione di scorie metaboliche compreso, appunto, l’acido lattico.
Il macchinario Globus Vet utilizzato insieme alla coperta magnetica

Gli apparecchi per la magnetoterapia generano frequenze diverse che vanno a lavorare selettivamente sulle varie cellule. Più un apparecchio è in grado di erogare energia sfruttando frequenze diverse, più sarà in grado di trattare un elevato numero di problematiche che colpiscono diversi distretti. In medicina umana ad esempio la magnetoterapia viene utilizzata molto per promuovere la riparazione delle ossa fratturate per due ragioni. La prima e la più importante è la capacità del campo magnetico di favorire il metabolismo del calcio e di promuovere l’attività degli osteoclasti, cellule deputate alla formazione del tessuto osseo, così da avere una osteogenesi più rapida. La seconda è la semplicità di utilizzo degli apparecchi, che in genere vengono noleggiati al paziente, che li può portare a casa e usare anche durante la notte se preferisce.

Questa facilità di utilizzo è però sfruttabile anche in ambito equino, dato che i cavalli trascorrono molto tempo in box a mangiare il fieno.

Tempo che può essere in parte sfruttato con grande semplicità per fare queste terapie, sia alla schiena che in altre sedi del corpo.

Aziende leader nel mercato per apparecchiature umane come la Globus, si sono così avvicinate anche al mondo della veterinaria e in particolare ai cavalli, in quanto sportivi che necessitano delle stesse attenzioni degli sportivi “umani”, con cui hanno a che fare da molto tempo. Sono stati così creati ausili terapeutici adatti all’utilizzo sui cavalli come coperte e gambali facilmente applicabili da qualsiasi operatore ippico in scuderia, senza che sia necessario l’intervento di un professionista. 

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